sabato 12 dicembre 2009

Quel pomeriggio gelato di 40 anni fa

Il pomeriggio del 12 dicembre 1969 era umido, freddo e buio. Piovigginava a tratti. Avevo i piedi bagnati perché calzavo le mie solite Clarks, che avevano sì la suola di gomma, ma non reggevano l’acqua. Ero intirizzito e la sciarpa e il berretto di lana nera che portavo non servivano a scaldarmi anche perché non avevo un cappotto. Mi intestardivo a portare un trench marrone che mi piaceva, ma era troppo leggero. Ero squattrinato, come al solito. Bighellonavo per Milano guardando le vetrine con la vaga idea di tirare l’ora di cena quando avevo appuntamento con i miei amici. La città era sotto una cappa grigia e cupa. C’erano state violenze nei mesi precedenti, scontri tra polizia e operai, gli studenti occupavano le università, si leggeva di attentati dimostrativi e di “strategia della tensione”. Io non mi occupavo di politica, leggevo Linus e Popular Photography, ABC, Abitare e il Giorno che aveva delle belle foto, la pagina dei fumetti e ci scrivevano i miei miti, Bocca e Brera.

In Cordusio non erano neanche le 5 ma faceva già scuro. La piazza ronzava come un alveare, tutti si muovevano verso il Duomo e la gente diceva che era capitata una disgrazia, era scoppiata una caldaia in una banca, in Piazza Fontana. Quando arrivai di fianco al Duomo la gente si pigiava, ma io volevo vedere e mi spingevo avanti. In Piazza Fontana era già tutto transennato e dei riflettori illuminavano la facciata della Banca dell’Agricoltura davanti alla quale c’erano le ambulenze. La gente discuteva e si scambiavano notizie. La caldaia scoppiata era ormai diventata una bomba e si parlava di attentato con decine di morti.
C’era un tizio arrampicato sopra la fontana ghiacciata che gridava dicendo che la colpa era degli studenti, erano loro i comunisti ad avere messo la bomba, erano i giovani gli assassini. Da sotto la gente ondeggiava come una mareggiata e un ragazzo, uno studente con l’eskimo a un certo punto cominciò a rimbeccare quello che faceva il comizio, gli diceva che non era vero, che gli studenti non c’entravano, che i giovano non potevano avere fatto quella cosa, ma in un attimo fu sommerso da decine di persone che gli si avventarono addosso. Io, non so perché, forse perché ero un giovane come lui e mi sentivo accusato, mi tuffai in mezzo a quelle braccia e a quei pugni, afferrai il ragazzo per una mano e lo tiravo verso di me gridando con tutto il fiato che avevo in gola. “Vieni via, lascialo perdere non vedi che è un provocatore, vieni..” e davo pugni, spintoni, gomitate e facevo largo per me e per lui. Poi mentre il parapiglia diventava più caotico una specie di valanga ci investì e ci spinse fuori dalla calca. Era un uomo sulla quarantina, piccolo e robusto ci aveva levato dalla mischia e ci gridava in faccia “Andatevene subito se no vi fanno la pelle, via”. Noi muti con i vestiti strappati, le facce graffiate e con qualche livido, obbedimmo e ci allontanammo. Pochi passi e girammo l’angolo dell’Arcivescovado dove tutto era tranquillo mentre la mischia alle nostre spalle infuriava e si sentivano urla e grida. Io e il ragazzo sconosciuto davanti a Palazzo Reale ci tenevamo ancora per mano. Ridemmo nervosi e ci separammo andando ognuno per la sua strada. Era cominciata per noi la lunga stagione delle stragi, delle notti e delle nebbie, che alla mia generazione avrebbero portato via l’innocenza della giovinezza.

Piazza Fontana (Luna rossa), Claudio Bernieri - Pietre della mia gente, Yu Kung
Il pomeriggio del dodici dicembre
in piazza del Duomo c’è l'abete illuminato;
ma in via del Corso non ci sono le luci,
per l'Autunno caldo il comune le ha levate.
In piazza Fontana il traffico è animato,
c'è il mercatino degli agricoltori.
Sull'autobus a Milano in poche ore,
la testa nel bavero del cappotto alzato.
Bisogna fare tutto molto in fretta
perché la banca chiude gli sportelli;
oh come tutto vola così in fretta
risparmi e gente tutto così in fretta
No, no, no, non si può più dormire
la luna è rossa e rossa di violenza
Bisogna piangere insonni per capire
che l'ultima giustizia borghese si è spenta
Scende Dicembre sopra la sera,
sopra la gente che parla di Natale;
se questa vita avrà un futuro
metterò casa potrà anche andare.
Dice la gente che in piazza Fontana
forse è scoppiata una caldaia;
là nella piazza 16 morti
li benediva un cardinale
No, no, no, non si può più dormire...
Notti di sangue e di terrore
scendono a valle sul mio paese;
chi pagherà le vittime innocenti?
chi darà vita a Pinelli il ferroviere?

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Carlo,
personalissima e accorata la descrizione di quella giornata che si rivelerà fatale per la storia del ns. Paese....il riferimento alle clarks (che si calzavano anche negli anni successivi) mi ha fatto ricordare il grigiore di quegli anni di speranza, di lotte e di cambiamenti...sembra tutto così lontano ...
Giovanna B.

Unknown ha detto...

è scandaloso il comportamento dei centri sociali, insultare le istituzioni.. beh niente di nuovo, ma arrivare a far scappare i familiari delle vittime è davvero inammissibile..

Anonimo ha detto...

niente di nuovo neanche per me: il commento è come al solito polemico
Giovanna B.